Le nove lezioni sul tema dell’epistemologia e delle scienze umane scelgono autori che hanno elaborato nuove forme di sapere rese possibili dall’interazione di approcci interdisciplinari originali, dando vita a loro volta a nuovi paradigmi teorici e a vere rivoluzioni epistemologiche. Basti pensare al pensiero di Melanie Klein che sostituisce le “fasi” dello sviluppo sessuale freudiano con le “posizioni” depressiva e schizo-paranoide, o alla ricerca di Gregory Bateson tutta incentrata sul concetto di relazione.
Annalisa Ambrosio propone una dissertazione sull’amore romantico. Tema tra i più comuni nelle conversazioni private perché attinto dalle esperienze personali, ma raro nella discussione filosofica. Eccettuato Il Simposio di Platone, la filosofia se ne è raramente occupata, a differenza di psicanalisi, psicologia, sessuologia. La lezione indaga i motivi per cui è sempre apparso difficile discuterne razionalmente e quale controcanto introduce al pensiero di Eva Illouz, tracciando un itinerario dell’opera della sociologa.
Francesco Bellusci traccia un ritratto di Edgar Morin in occasione dei suoi 100 anni. Se è difficile restituire in una lezione la sua grande avventura intellettuale, è interessante individuare il tratto genealogico del sociologo: ovvero il suo percepirsi e definirsi “post-marrano”. Un’identità plurima nella quale Morin vide le stimmate di quella dialettica tra civiltà e barbarie che ha connotato la storia europea. Ma anche il segno premonitore della futura umanità: sempre più globalizzata e meticcia.
Nicole Janigro si occupa di Melanie Klein, psicoanalista molto amata ma anche molto osteggiata, che rischia di apparire schematica, brutale, difficile. Il suo linguaggio può essere ostico, tanto che la sua teoria è stata spesso diffusa dagli allievi in modo rigido, così che il codice kleiniano rischia di offuscare le sue grandi intuizioni. La lezione si propone di fare chiarezza su una personalità che, benché accusata di estraneità ad ogni dimensione storica e sociale, ha esplorato con coraggio la mente umana, senza temerne negatività e distruttività.
Originale il punto di vista di Maria Nadotti nel ritrarre John Berger, partendo dalla fine della sua vita. Un’esistenza lunga quasi 90 anni, analizzata attraverso un piccolo film su di lui e un libro illustrato da lui stesso scritto. Che lo rivelano grande maestro di sguardi, in opere visive quanto testuali, senza ma mancare l’appuntamento con la storia, il sapere, la vita di noi tutti. La lezione si propone di avvicinare a un pensiero nato in stretta contiguità con l’esperienza di vita, a un intellettuale che ha saputo stare dentro la storia.
Mario Porro introduce alla riflessione che da una quarantina d’anni impegna François Jullien, filosofo, esperto di pensiero greco, sinologo. Attento al confronto tra i modi di pensare occidentali con quell’“altrove” che è il pensiero cinese di matrice confuciana e taoista. Una cultura formatasi in totale estraneità rispetto al mondo greco ed ebraico, assai più radicale del mondo arabo e indiano. Jullien non cerca una prospettiva di maniera per farcela accogliere ma modula lo spaesamento del nostro pensiero attraverso l’entropia.
Riccardo Mazzeo introduce al pensiero di Zygmund Bauman, filosofo che preferiva essere definito sociologo. Più che un vezzo, si apprende dalla lezione, per la sua volontà di riflettere sul male del mondo. In una vita rievocata come una successione di rotture, Bauman scelse sempre di restare dalla parte della resistenza, dalla condizione di ebreo nella Seconda Guerra Mondiale al Sessantotto, perché, diceva «per creare bisogna infrangere regole». Esule tra la sua Polonia, l’URSS, Israele, l’Inghilterra, in Austria elaborò la sua “modernità liquida”.
Ugo Morelli ci avvicina al pensiero di Gregory Bateson seguendone il metodo, ovvero giustapponendo tessere per comporre il suo lavoro scientifico, che ha comportato un cambio di paradigma dei contenuti della conoscenza e del modo di riflettere sulla conoscenza stessa e su noi stessi conoscenti. Una complessità di pensiero che, attraverso la pratica di antropologo sul campo e una vita densa di esperienze personali anche drammatiche, gli ha permesso di comprendere i comportamenti di noi animali umani rispetto agli altri animali.
Valentina Manchia ritrae Bruno Latour quale “antropologo del non umano”. Con una vastità di orizzonti che ha attinto alla sociologia e all’antropologa, toccando la filosofa, l’etnografia, la semiotica, con l’obiettivo preciso di rendere conto della tecnologia della scienza e della società. La lezione ripercorre le tappe fondamentali del suo pensiero, argomentando perché resta importante approfondirne il lavoro, nonché l’universo intellettuale denso e complesso.